Non è bastato
Non è bastato.
Ero pronto ad accettare l’idea che avrei dovuto guardare, come diceva Buzzati, le cime che un tempo avevo calcato solo dal basso. E quando dai boschi di Mietres ho seguito col dito e con gli occhi della memoria il percorso del terza cengia del Pomagagnon, ricreando nella mente passo per passo l’itinerario che avevo fatto con Enrico tanto tempo prima, non ho provato sensazioni spiacevoli, solo appena velate dal tempo trascorso.
Ma non ero pronto, e continuo a non esserlo, ad accontentarmi dell’aria frizzante, dei panorami grandiosi e del profumo dei boschi. E questo nonostante i rimproveri della badante che mi ricordava che a Cremona si soffocava, che dovevo essere contento anche del solo fatto d’esser lì ancora una volta, e che in fondo un supermercato al giorno lei non me lo faceva mancare.
Ho bisogno di camminare in alto, magari piano, pianissimo, ma su, all’aperto, dove l’occhio può correre fin dove arriva. Ed invece non siamo mai stati in montagna tanto a lungo e non abbiamo mai camminato così poco. La prima settimana, si sa, è d’ambientamento, e guai a fare più di tre-quattrocento metri di dislivello; assolutamente vietato poi salire in funivia da qualche parte. La seconda settimana..., bisogna tornare a prendere Christian, e con lui si può fare quello che può fare un bimbo di quattro anni. La terza settimana... tutta di nuvole e pioggia, tranne il giorno di ferragosto.
Quando la medicina da prendere all’ora stabilita - il mezzo - è più importante del girovagare sulle creste - il fine -, ed il mezzo diventa il fine, non c’è più speranza.
Ed io non sono pronto, non sono proprio pronto...
Ero pronto ad accettare l’idea che avrei dovuto guardare, come diceva Buzzati, le cime che un tempo avevo calcato solo dal basso. E quando dai boschi di Mietres ho seguito col dito e con gli occhi della memoria il percorso del terza cengia del Pomagagnon, ricreando nella mente passo per passo l’itinerario che avevo fatto con Enrico tanto tempo prima, non ho provato sensazioni spiacevoli, solo appena velate dal tempo trascorso.
Ma non ero pronto, e continuo a non esserlo, ad accontentarmi dell’aria frizzante, dei panorami grandiosi e del profumo dei boschi. E questo nonostante i rimproveri della badante che mi ricordava che a Cremona si soffocava, che dovevo essere contento anche del solo fatto d’esser lì ancora una volta, e che in fondo un supermercato al giorno lei non me lo faceva mancare.
Ho bisogno di camminare in alto, magari piano, pianissimo, ma su, all’aperto, dove l’occhio può correre fin dove arriva. Ed invece non siamo mai stati in montagna tanto a lungo e non abbiamo mai camminato così poco. La prima settimana, si sa, è d’ambientamento, e guai a fare più di tre-quattrocento metri di dislivello; assolutamente vietato poi salire in funivia da qualche parte. La seconda settimana..., bisogna tornare a prendere Christian, e con lui si può fare quello che può fare un bimbo di quattro anni. La terza settimana... tutta di nuvole e pioggia, tranne il giorno di ferragosto.
Quando la medicina da prendere all’ora stabilita - il mezzo - è più importante del girovagare sulle creste - il fine -, ed il mezzo diventa il fine, non c’è più speranza.
Ed io non sono pronto, non sono proprio pronto...
1 Comments:
Sono perfettamente d'accordo con te e provo sempre malinconia.MA LA MIA è QUELLA di un ottantenne ed oltre.Tu,avresti potuto avere ancora diversi anni di tempo per continuare a vivere il tuo sogno.Mi dispiace
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