Padri e figli
Al Festival del racconto appena inaugurato a Cremona è stato presentato il diario di prigionia del papà di don Camillo. Guareschi fu internato nello stesso campo di mio padre, che lo ricordava bene come attivissimo nell'organizzare spettacolini caserecci per qualche ora di allegria (non gioiosa, annotava tristemente mio padre) degli "Internati militari italiani", ospiti del Terzo Reich, e quindi non assistiti dalla Croce Rossa internazionale. Dunque anche lui, immagino, a poca distanza da mio padre, annotava con la matita copiativa su fogli raccogliticci gioie (poche) e dolori (molti) della prigionia. La nota comune, e comune a tutti i diari che ho letto, è la fame, un'ossessione primaria, certo più dura da sopportare per quell'omone che era Guareschi, che per quel mingherlino che era mio padre. Per il resto, mentre in Guareschi lo sfogo spesso si copre d'ra, nelle note di mio padre prevale la nostalgia per la famiglia lontana e l'incertezza del futuro.
Non riesco ad immaginare quella vita. La mia generazione, la tanto biasimata generazione di quelli che nel '68 avevano vent'anni, ha saputo evitare la guerra ed ha "fatto" l'Europa.