Centochiodi

Ieri sera, su Sky, ho visto l’ultimo film di Olmi. Una delusione, come del resto tutti i film successivi a “L’albero degli zoccoli”. Per illustrare l’ideuzza che tutta la cultura libresca di questo mondo, in particolare quella religiosa, non vale un solo rapporto umano, Olmi disegna una figurina che può aver vita solo sulla carta, come parto della mente di un regista autore di un soggetto cinematografico. E per dire che il rapporto più sincero e fecondo è quello con la gente semplice che non legge i libri, riempie ogni passaggio di una selva di citazioni libresche, fin dal primo fotogramma. Cristo e san Francesco si fondono insieme nel personaggio “figo” di Raz Degan, tutto boccoli riccioluti nerissimi, promettente professorino in crisi che fugge a bordo della sua lussuosa BMW (ma Olmi ha un’idea delle carriere e degli stipendi universitari?....), per spogliarsi di tutto (ma non della carta di credito...), ricostruire la sua casa/chiesa come una nuova Porziuncola, circondarsi di una nuova Maddalena e di nuovi apostoli, per poi finire imprigionato dai carabinieri, dopo aver sparato battute apodittiche tanto stucchevoli quanto improbabili nell’ambiente immaginato. Un film tutto “pensato”, freddo come una tesi.
Dov’è finita la verità della vita vissuta, da “Il posto” e “Il tempo s’è fermato” al capolavoro de “L’albero degli zoccoli”? Olmi ha raggiunto il culmine della sapienza tecnica, ma ha perso l’ispirazione lirica.
Con tutto ciò anch’io ho goduto delle splendide immagini del fiume, spesso fortemente corrette digitalmente, suggestive “fotografie” che vorrei aver fatto io, come ho trovato “vere” alcune salaci battute dei personaggi che vivono sulla riva, e l’apparizione fantastica del battello illuminato che di notte naviga sul Po trascinando ballerini che si muovono seguendo le note di una canzone d’altri tempi. A pensarci sono tratti che avvicinano Olmi a Fellini. Chi l’avrebbe mai detto...