L'araba fenice
Infilo il CD-Rom della Letteratura italiana Zanichelli, che tutti chiamiamo col civettuolo acronimo LIZ, nel cassetto del lettore del mio Mac. Naturalmente “gira” solo con Windows; faccio partire il mio emulatore del sistema operativo dell’odiatissimo Bill imprecando un’ennesima volta (nell’occasione all’indirizzo della Zanichelli); seleziono il corpus di Dante e cerco le stringhe: “*eresi*” ed “*eretic*”. Con la prima ottengo “eresiarche”, in Inf. 9, 127; con la seconda un’unica occorrenza di “eretica”, in Par. 12, 100. Ma so che Dante ricorda anche Dolcino; cerco e trovo: “Dolcin”, Inf. 28, 55. è tutto!
Tentiamo ancora: “catar*”, «Parola non trovata»; “valdes*”, «Parola non trovata»; “patarin*”, «Parola non trovata»; “paterin*” dà frutto: Il Fiore 124. 2 e 126. 7; “inquisi*” restituisce un non significativo Conv. 4, 7. 2. Non so che cos’altro cercare, e mi fermo.
Se leggiamo i cronisti, le bolle papali e le costituzioni imperiali della seconda metà del Duecento troviamo che quasi tutte le città dell’Italia centro-settentrionale sono infestate di eretici. E Dante, il Dante che sa tutto, tra gli eretici non ne trova uno tra i contempopranei. neppure Dolcino (che è tra gli scismatici)! Potrei continuare scandagliando tutta la letteratura delle origini , ottenendo lo stesso risultato.
Concludo: l’eresia bassomedievale è come l’araba fenice:
Che vi sia, ciascun lo dice
dove sia, nessun lo sa.
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