mercoledì, maggio 11, 2011

Un giro in bici

Pedalo verso il naviglio.
Un mare di camomilla in fiore punteggia un quadro divisionista di zolle arate da tempo, ma non messe a coltura, e mi incornicia a sinistra. Un noioso campo di mais ancora all'infanzia dall'altra parte. Lungo il naviglio tripudio di fiori di sambuco che punge vivace le narici. L'acqua scorre lenta, incredibilmente trasparente oggi. A fatica cerco di figurarmi come questo rigagnolo innocuo, oggi assediato dagli smottamenti lungo la riva e dall'avanzare lento, silenzioso ma irrefrenabile della vegetazione, sia stato oggetto ieri di tremendi scontri tra Cremonesi, Bresciani e Bergamaschi.
Sono partito pimpante: un leggero vento a favore spinge il rapporto lungo, ed invoglia a far chilometri. Già alla cascata il rapporto è sceso di un paio di tacche. Non riuscendo a metabolizzare gli zuccheri ho il fiato corto. Ad Ossalengo penso che qui hanno vissutoo dei longobardi; rinuncio ai sogni di gloria e giro verso Livrasco, e penso all'antico toponimo ligure. Alla trattoria "da Franco e Luciana" mi viene in mente la prima volta che son venuto a Cremona, e Carlo mi accompagnò qui a pranzo. Qui son tornato tante volte poi, qui ho portato lo studente tedesco che mi era venuto a trovare per parlare di eresia, qui ci siamo trovati nell'inverno appena passato con gli amici che ho lasciato a palazzo Raimondi. Giro di nuovo a sinistra e torno verso il Migliaro. Il vento adesso me lo trovo di fronte e l'asfalto viene ingoiato dalla strada bianca. Scalo di nuovo il rapporto, e con maggiore frequenza ed acuita attenzione mi guardo intorno, verso il campanile e la cupola lontana di Castelverde, che ho fotografato più volte. Passo di fianco alla cascina con il grande allevamento di mucche, che pure ho immortalato in passato, e constato con rammarico che il vecchio carro agricolo protagonista di uno dei miei scatti non c'è più: distrutto o rimosso, insieme ad un briciolo dei miei ricordi. Un trattore isterico che attinge acqua dalla roggia mi obbliga a scendere dalla bici ed a pencolare pericolosamente lungo il ciglio del fosso.
L'ombra si fa momentaneamente densa. Gi iris gialli sono alla fine della fioritura, e sembrano vecchie sfatte che non si rassegnano alle ingiurie del tempo. Davanti una coppia bellissima di germani reali si dondola comicamente nel sole. Come mi avvicino spiccano leggermente infastiditi un volo parallelo che risuona all'unisono ancora a lungo dietro la fila di robinie verso cui sono spariti. La manica a vento dell’aereoporto si dimena in fondo con misura.
Terra Amata mi appare contro sole come visione di un vero antico castello, con le sue torri d'angolo e la porta monumentale sfumate in un pulviscolo luminoso. Man mano che mi avvicino il sogno si materializza nel realismo di un degrado che fa male agli occhi: tetti sfondati, intonaci in putrefazione come un sacco di Burri, imposte decrepite in bilico, ruggine e piante infestanti intrecciano una danza macabra. Al Migliaro (miglio da Cremona, ma da dove di preciso? misura romana o medievale?) piego ancora a sinistra e riprendo la pista del naviglio. Una lapide ingiallita sul muretto del ponte recita:
COSTRUTTO L'ANNO 1886
È DA MANTENERSI
DAL COMUNE DI
DUE MIGLIA
Il comune con centro nel palazzo omonimo in via Brescia di fronte alla chiesa di San Bernardo inglobato da Cremona nel 1920. Il pensiero va alla miriade di vie d'acqua che rigano questa pianura, frutto del lavoro di secoli e di ignoti progettisti, costruttori, mecenati ed umili contadini, e mi sento orgogliosamente parte di una nobile ed alta famiglia. Altri germani, cornacchie, tortore, colombacci, gallinelle d'acqua in livrea nera interrotta da una macchia rossa, ed infine una nutria tremebonda mi scortano fino a casa.
I numeri forniti dal programmino che sull’iPhone ha registrato l’uscita sono avvilenti, ma la mattina non è stata proprio senza frutto. Strisce di natura e cultura, nonostante tutto, di nuovo iniettate sotto la pelle.
E l’aria aveva il sapore della primavera.